La Storia

LA NOSTRA STORIA …inizia nel 1977

Trent’anni sono passati, da quelle lontane giornate piene di entusiasmo e paura nelle quali nasceva la nostra società. Anni segnati dai volti e dalle emozioni dei tanti che sono passati o si sono fermati alla DDS. Bambini e collaboratori, anziani o istruttori, atleti, tecnici, amici… coinvolti nel grande progetto di fare sport in modo intelligente e diverso. Nel 1987 ci raccontavamo, in un piccolo ma significativo fascicolo, sottolineando la nostra “strana società piena di fantasia ed impegnata in una continua ricerca di progresso e modernità”. 10 anni dopo  un’altro volume attraverso il quale riaffermare questa DlMENSIONE che continua a contraddistinguerci passati anni di cloro e di corsie, bambini con gli occhi spalancati ed atleti grandi e diversi nelle tante vittorie e nelle rare sconfitte. Abbiamo voluto questa pagina per ritrovare e condividere la bellezza e l’emozione del gesto e della fatica sportiva, rendervi partecipi  della nostra storia attraverso brevi riflessioni, sintesi della nostra filosofia, e dal contributo di alcuni giornalisti, quelli che abbiamo scoperto amici nell’attesa della competizione e nelle serate passate a parlare di nuoto e di vita.
Leggetela adagio, sarà più facile e bello ritrovare le storie e le emozioni che racconta e che abbiamo condiviso in questi anni…

Vent’anni in allegria, interpretando lo sport non come una ragione di vita ma come un modo per vivere meglio. Potrebbe essere questo, sintetizzando, lo slogan della DDS, società che si è progressivamente ritagliata uno spazio importante nel contesto del nuoto italiano ma non per questo ha smarrito i presupposti che l’animavano con l’agonismo esasperato cosi in voga in molti settori e portano piuttosto a sdrammatizzare l’evento sportivo, evitando di anteporlo a tutti i costi al resto, fosse anche solo un’esperienza di vita all’estero. Ad esempio quella che nell’estate del 1982 convinse Remo Sacchi e la sua truppa a preferire una vacanza-allenamento in Canada ai campionati italiani di categoria. Qualcuno la interpretò come un tentativi di farsi pubblicità attraverso un comportamento singolare, ma di questo, alla DDS, non si preoccuparono granché. L’opinione della gente, del resto, non ha mai tenuto particolarmente in ansia il Sacchi-team che talvolta sembra anzi divertirsi nello sfidarla. Ripercorrere la storia della DDS si trasforma così in un agile viaggio nella spontaneità, voluta e vissuta dai suoi protagonisti anche quando, a esser originali, si rischia di venir fraintesi. Tutto cominciò dalla volontà di un gruppo di persone di non abbandonare quell’ambiente nel quale, oltre che compagni di allenamento, erano diventati amici: la piscina. Ex atleti che del nuoto avevano conservato un buon ricordo e nel nuoto volevano rimanere, magari per convincere un po’ di giovani che andare su e giù per le corsie di una vasca non è poi così tremendo: basta saperlo fare.
Ma si fa in fretta a dire: costruiamo una piscina. Il primo interrogativo a cui rispondere è dove e la scelta di Settimo Milanese fu quasi casuale. Comunque azzeccatissima: i lavori cominciarono nel 1975 e a gennaio ’77 l’impianto venne aperto. Il secondo quesito, certo minore ma non per questo irrilevante, riguardava la scelta della denominazione societaria. Al Sacchi-team, che non ha fatto mai mistero delle sue idee di sinistra, non dispiaceva il termine dipartimento ma alla fine si optò per la parola dimensione (dello sport). Meno vincolante e ugualmente significativa. Poi i primi passi, senza rigide distinzioni gerarchiche. Il parco-atleti, mai troppo numeroso in virtù d’una precisa scelta, viene gestito “alla pari” da Sacchi e Lorenzi. E nel 1983, con l’arrivo di Confalonieri, la conduzione diventa a tre. Il gruppo è affiatato, le ingerenze esterne limitatissime. I genitori, figura fondamentale ma sovente delicata nel campo sportivo, rimangono fuori dal Direttivo societario e se s’incontrano lo fanno per mangiare pane e salame. Nel 1985 il trio diventa tandem, col passaggio di Lorenzi al Geas. Ma l’impostazione non cambia. Confalonieri rifinisce le sue conoscenze scientifiche, papà Sacchi applica la sua gestione stemperata dell’agonismo anche agli atleti di vertice. A cominciare da Luca: un po’ perché allenare il proprio figlio non è mai semplice un po’ perché il ragazzo ha la sua personalità e prima di fare una cosa vuole convincersene. I risultati, nel frattempo, arrivano con frequenza crescente. Il primo titolo assoluto lo conquista Umberto Cattaneo, nei 200 farfalla ai tricolori di Catania nel 1987, però il fiore all’occhiello resta Sacchi, finalista olimpico a Seul ’88 e mondiale a Perth ’91, bronzo olimpico a Barcellona ’92. Ma il curriculum societario si arricchisce anche con gli exploit di Bianchin, della Pavanello e dell’intramontabile Dalla Valle, super-vincente anche a fine carriera. Senza contare i rinforzi d’oltralpe: come Khnykin, l’ucraino che dalla DDS spicca il volo verso il podio europeo dei 100 stile libero a Sheffield ’93. Insomma, una favola moderna, alle porte di Milano e del Duemila. Cosa volete di più?
… di Pippo De Grandi (tratto da “DDS – Interpreti di Sport” – 1997)

Vent’anni fa, quando la DDS vide la luce, con quel nome in mezzo all’arcipelago delle varie Rari Nantes, Canottieri, Amici del Nuoto, Nuotatori Vattelapesca eccetera eccetera, fu accolta con curiosità mista a scetticismo: “Dura minga” dicevano nella Milano da bere. Un risultato comunque l’ottenne da subito: fece parlare di se.”Si scrive DDS, si legge DDR, sentenziarono subito i soliti smaliziati dietrologi con l’ossessione dei cosacchi in piazza del Duomo. Altro che Dimensione dello Sport, quello e un covo post-sessantottario con sospette simpatie per la Deutsche Demockratische Republik, mah, un nome cosi nel nuoto non s’è mai sentito!”. Poi venne il crollo del muro di Berlino, si aprirono gli archivi della Stasi (la polizia segreta tedesco-orientale n.d.r.), ma nessun legame fu trovato fra DDR e DDS. Anzi da quella data la DDS inizio la sua vertiginosa ascesa, mietendo successi in campo nazionale ed internazionale, sotto forma di medaglie olimpiche ed europee, oltre ad una serie lunghissima di piazzamenti di prestigio, fino a tagliare il traguardo dei vent’anni in piena salute. Tutto questo grazie alle capacità ed all’entusiasmo di coloro che via via sono entrati a far parte di questa società, stranamente a… dimensione sportiva, tutti contagiati dalla carica o se più vi piace, dalle depressioni ricorrenti del Demiurgo dalla Barba Bianca: Remo Sacchi, creatura proteiforme, a volte drago fiammeggiante a volte basset-hound. Le intuizioni talvolta geniali di questo strano Artigiano dello sport hanno spesso trovato poi fondati conforti scientifici, contribuendo a percorrere strade nuove nel nuoto sia agonistico che amatoriale, e non solo. Remo, una volta che si sente solleticare da qualche idea, va a bussare alla porta dei più illuminati fisiologi, psicologi, dietologi, biomeccanici e quant’altro, per capire se e come valga la pena di sviluppare il frutto delle sue elucubrazioni.
Così negli anni la DDS è diventata una specie di affascinante bottega artigiana o, se preferite, il capannone di una sofisticata officina, dove si sperimentano in continuazione nuove soluzioni applicabili al nuoto e allo sport in genere.
Il vantaggio di avere nel figlio Luca una cavia di lusso, piuttosto disponibile, capace di andare a nuotacchiare sulle rive del lagoTiticaca a 3500 metri “per vedere l’effetto che fa…” ha consentito al Demiurgo di acquisire un bagaglio di conoscenze unico, di cui è il geloso custode. Così la DDS è diventata un po’ come la Ferrari dei tempi d’oro, quando le intuizioni del “Commenda” venivano sviluppate da fior d’ingegneri e di meccanici, all’apparenza così… alla buona, che portavano il cavallino rampante a dominare i circuiti di tutto il mondo.
La rana “rampante” della DDS nel suo piccolo ci ha provato e dall’officina di Settimo Milanese è uscita più di una Formula Uno delle piscine.
Mi risulta che anche Remo da qualche parte sia chiamato “Commendatore”, anche se se ne vergogna.
Vuoi vedere che abbiamo finalmente svelato l’arcano: sotto sotto chi ha partorito quel nome, nella sua malcelata megalomania aveva in mente la Dimensione di Sacchi (Remo, non Arrigo, of course).
… di Enzo Barlocco (tratto da “DDS – Interpreti di Sport” – 1997)

 

Un libro tutto da raccontare. Facile, fin banale magari titolarlo “Luca Sacchi e il nuoto”. Difficile, assolutamente non banale scriverlo. Può iniziare dalle medaglie, dai risultati e allora le prime righe si riempirebbero con il bronzo Olimpico di Barcellona, quel terzo posto nei “suoi” 400 misti. Bronzo morso con i denti più che per assaggiarne la consistenza, per la consapevolezza di aver perso un’occasione. Si poteva fare di più, ha sempre detto Luca. Ma tant’è, bronzo è stato. Come quello agli europei di Vienna ’95, i campionati del ritorno alla luce agonistica. Come quello (nei 200 misti) sempre continentale di Atene ’91, i campionati dei primi successi. Primi e ultimi, a ben leggere. Primi e più grandi. Ovvero l’oro dei 400 misti, il secondo giorno degli Europei in Grecia. La prima e unica volta di Luca sul gradino più alto del podio in una grande manifestazione internazionale, l’ultima in cui l’Italia del nuoto ha sentito suonare l’inno di Mameli. Roba di sei anni fa. Ma iniziare con i successi, senza dimenticare i ventinove titoli conquistati, non può dare senso compiuto ad una carriera. Così provi ad aggiungere altri dati statistici. Tempi insomma. Anche perché in fondo, nei nuoto come nell’atletica, sono il principale criterio di confronto. E allora sotto con il record italiano che data Barcellona ’92: 4’16″34 sui 400 misti. Crono che è rimasto, che è ancora lì imbattuto. E avanti con il primato mondiale della stessa distanza in vasca corta: 4’08″77 il 28 febbraio ’92 a Palma di Maiorca. Tempo battuto l’anno dopo dal finlandese Sievinen.”Mondialino” dirà qualcuno. Ma sempre un italiano sopra tutti. Però ancora non basta. Luca Sacchi non esce neppure da un cronometro. Cominci a scoprirlo raccontando della rivalità tra lui e Stefano Battistelli. Due stelline splendenti nella piccola vasca che è l’Italia del nuoto, forse era veramente troppo. Di fatto pero, Luca è emerso perché “Bibi” andava più forte. E quando c’è stato il sorpasso Battistelli ha trovato gli stimoli per non smettere. Non ci siamo lo stesso. Perché è vero che Luca è stato un personaggio contro, ma non del tutto, o quanto meno vale la pena analizzare perché. E allora puoi raccontare il ’93 a mezzo servizio dicendo no agli europei di Sheffield. Un gesto letto unicamente “contro”, ma che ha permesso a Sacchi di arrivare fino ad Atlanta. E puoi ricordare la rivolta di Poggibonsi ’94 la spinta a cambiare qualcosa muovendo gli atleti, i compagni, non servì. E incominciò un disamore forte nei confronti di un certo nuoto. L’identikit Sacchi lentamente si compone. Mancano pero i “segni particolari”. Uno sicuramente è la testa pelata. Necessità per lui caratteristica forte per gli altri. In fondo normale (se non di moda) in piscina. E poi piace alle donne almeno a sentire i racconti, gli aneddoti. D’altra parte Luca è alto, ha il fisico da nuotatore e soprattutto gli occhi verdi e un sorriso incredibile. Difficile però contare flirt veri o presunti, dalle colleghe d’acqua o dintorni, alle pedane della scherma. Meglio passare oltre. Anche perché dietro ad un identikit c’è una persona che medaglie tempi e caratteristiche fisiche non disegnano ancora. Una persona che abbiamo imparato a conoscere soprattutto alla fine con le lacrime. Quelle di rabbia e sconforto, per la delusione Olimpica di Atlanta, la sua ultima chance. Una medaglia (chissà di che colore) alla portata ma scappata. E poi le lacrime di gioia agli Assoluti di Catania. Lì dove Luca ha iniziato a vincere (tricolore ’87 nei 200 rana) questo ragazzone milanese di 28 anni ha chiuso. Con tre titoli ma soprattutto un saluto indimenticabile alla gente delle piscine. Chi lo ha ostacolato ha abbassato la testa. La maggior parte ha sorriso e pianto con lui. Luca è qui. Per i suoi anni di atleta, però. Spesso ci si dimentica che c’è un prima e un dopo. Ecco perché per raccontare Sacchi non basta Luca. Serve parlare di mamma Bianca e papà Remo. Il secondo più della prima, un po’ perché lo ha plasmato come atleta, tanto perché ora dovrà fidarsi di lui nella conduzione del lavoro di tutti i giorni, della DDS creata dal nulla 20 anni fa e ora futuro di quella che Luca chiama “la vita seria”.
Giorgio Pasini (tratto da “DDS – Interpreti di Sport” – 1997)

Per me, che solo da poco sono entrato nell’ambiente del nuoto, la DDS rappresenta un particolare modo d’intendere l’agonismo tra le corsie. È lo specchio di un’anima inquieta e borbottante che non ha perduto, a dispetto dell’età, la forza per stupirsi ed alterarsi di fronte agli esempi dell’umana pochezza. A quest’anima, a Remo Sacchi, io devo la gratitudine di chi, allora spaesato, venne invitato ad esser parte della “celebrazione” che a Palma di Maiorca seguì i successi di Luca. Fatto che fu tra i primi sintomi di una simpatia che rende queste poche righe assolutamente parziali. Tese ad esprimere il convincimento che mi porta a legare la DDS ad un singolare modo di intendere l’atleta e l’agonismo. Una via “umana” al battersi tra le corsie che non manca di contraddizioni ma che, anche a questo, deve parte del suo fascino. Un essere ed un sentirsi differenti che non sempre è stato gradito ma che … piaccia o meno, cosi è. E cosi sembra poter continuare ad essere visto che Luca Sacchi non ha derazzato.
Atleta vincente e persona pensante Luca è stato capace di vincere titoli continentali, medaglie olimpiche, d’essere capitano della nazionale e, allo stesso tempo, di fermarsi un anno, di protestare, di vivere la “leggerezza” che sono in ogni crescita “normale”… “Normale” come io sento essere la DDS. Gruppo che se non ci fosse mancherebbe. Come a me la compagnia di Remo che, anche da ex fumatore, conto di trovare sempre, borbottante, sull’uscio delle piscine.
Sandro Fiomvanti (tratto da “DDS – Interpreti di Sport” – 1997)